giovedì 15 maggio 2014

Sindrome da Crocerossina

Si riferisce a quell’insieme di comportamenti presenti in persone molto accudenti e protettive, sempre tese a compiacere, gratificare e giustificare l’altro, anche a costo di sacrificare i propri bisogni e se stesse. La persona “soccorritrice” si occupa di chi ama, con dedizione completa e assoluta abnegazione, assecondando se non anche anticipando i bisogni del partner al punto tale da ignorare le proprie esigenze e necessità, mettendo da parte ogni velleità in nome di un amore che ci fa sentire vive e utili.
Le donne sono culturalmente e socialmente le più predisposte a sviluppare questo schema relazionale disfunzionale, sono portate a “servire ed accudire” portando all’eccesso opposto il loro spirito materno, nel tentativo di rendersi  indispensabili per l’altro e mettersi così al riparo da un’eventuale abbandono e separazione. E’ chiara l’influenza socio-culturale che per secoli ha visto la donna come angelo del focolare, educata al servizio e al sacrificio e che realizza se stessa solo nel compimento del suo “dovere” di figlia, moglie e madre, prendendosi cura dell’altro con smisurato spirito salvifico.
L’altro diventa quindi un mezzo e non un fine, un modo per colmare il vuoto affettivo ed esistenziale che le crocerossine si portano dentro. Il partner diviene oggetto d’amore incondizionato e indiscusso, messo su un piedistallo e da lì mai più rimosso, soccorso sempre e comunque di fronte a qualsiasi ostacolo, anche a scapito del proprio benessere.
L’ “oggetto” d’amore è spesso un partner problematico, misterioso, inafferrabile che si sa essere una partita persa in partenza, ma diviene una missione, una sfida.
A volte diventa una vera e propria fantasia d’onnipotenza per la quale barattano l’amore: “Io ti salverò e sarò tutto per te, mentre tu non potrai fare a meno di me e anche per riconoscenza mi amerai!”.
Si tratta di amorevoli attenzioni dietro cui in realtà si cela il tentativo di manipolare l’altro, legandolo a doppio filo a sé: se io ti curo e mi rendo per te indispensabile, necessariamente mi amerai e non mi lascerai mai. Dal canto suo l’altra persona si lascia spesso accudire e “salvare”, pur tuttavia poi rivendicare la propria autonomia non appena ritrovato il proprio equilibrio. L’altro diviene così vittima ed al contempo carnefice di una partner che, spogliata del suo ruolo di redentrice, deve fare i conti con la paura dell’abbandono, del rifiuto e con un forte senso di inadeguatezza.
Il tentativo di “risollevare” il partner conduce infatti l’altro a sottrarsi prima o poi dal ruolo di dipendente: ribelle, risentito e critico, cerca la propria autonomia e la compagna, in questo contesto, da risorsa diviene ostacolo. Allora la relazione si sgretola e la donna piomba nella disperazione più profonda. Il suo insuccesso è totale: se non si riesce a farsi amare neppure da un uomo così misero e inadeguato, come può sperare di conquistare l’amore di un uomo migliore e più adatto a lei? Si spiega così come mai queste donne fanno seguire a una cattiva relazione una peggiore: con ciascuno di questi fallimenti sentono diminuire il loro valore. E sarà per loro difficile rompere questa catena finché non saranno giunte a una comprensione profonda del bisogno che le porta a comportarsi così.
Simili comportamenti di accudimento possono servire ad ipercompensare uno schema relazionale di deprivazione emotiva, per cui la persona, certa di non poter avere l’amore di cui ha bisogno, cerca di assicurarsi “briciole di affetto” dell’altro, annullando se stessa ed i propri bisogni.
Soddisfare i desideri dell’altro e sentirsi indispensabile, oppure, al’opposto, contare su di lui per gestire e regolare la propria vita, significa per la persona, cercare di ottenere l’amore non ricevuto nell’infanzia, colmare quel vuoto interiore.

In un certo senso l’accudimento e la protezione nei confronti dell’altro, è in realtà anche una sublimazione del desiderio di curare, accudire, proteggere quella parte di sé che ha sofferto e soffre, ma che tuttavia trova giovamento nel dedicarsi completamente a qualcuno, nell’illusione di poter trovare finalmente quell’amore che durante l’infanzia è stato loro negato.
Fare di tutto per amore, assumersi la responsabilità della felicità altrui e rendere l’altro responsabile della nostra, accudire in tutto e per tutto e anticiparne a volte anche i bisogni, per chi è affetto dalla sindrome da crocerossina, è l’unico modo conosciuto di amare. Si tratta spesso di bambini e bambine cresciuti in famiglie in cui, la maggior parte dei messaggi verbali e non, erano negativi, improntati ad un “amore condizionato”, ad un “ti voglio bene se..”, contesti  in cui la svalutazione o l’indifferenza la facevano da padroni, caratterizzati spesso da mancanza di amore o da un padre dittatoriale e madre iperprotettiva.
E’ fondamentale riconoscere la “tossicità” di questi amori basati sul rapporto vittima-carnefice. I legami di questo tipo rischiano di incancrenire entro la dinamica della sfida, nell’illusione di farcela, di salvare l’altro. E’ importante sapere che nessuno cambia a meno che non lo voglia davvero, e per farlo serve coraggio e tenacia. E’ importante capire la “gratuità dell’amore”. Le donne soccorritrici pensano, infatti, di “doverselo guadagnare” attraverso azioni di cura e accudimento, quasi a garanzia della continuità del rapporto. E’ utile soffermarsi sui propri vissuti abbandonici e fare i conti con la consapevolezza che niente e nessuno può garantirci il “per sempre” né metterci al riparo dalle separazioni. E’ fondamentale smettere di percepirsi come satellite dell’altro, ma imparare a chiedersi come stiamo, come ci sentiamo e di cosa abbiamo bisogno. Lavorare su se stessi, sulla propria autostima, ascoltando le proprie emozioni, sentendo se stiamo o meno ricadendo in copioni che, per quanto noti e comodi, in realtà ci porteranno di nuovo a soffrire. Chiediamoci cosa vorremmo davvero e iniziamo col fare la più piccola cosa che potrebbe servirci per stare bene. 
 Riferimenti Bibliografici
“Donne che amano troppo”,Robin Nordwood, 1989, Feltrinelli Ed.
“La dipendenza affettiva”, Daniel Pietro, 2012 Ed. Paoline
“Amori altamente pericolosi”, Walter Riso, 2009, Mondadori

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